Delfi


Situato nel centro della Grecia, alla quota di 570 metri sulle pendici sud-occidentali del mitico Monte Parnaso, non distante dal Golfo di Corinto e immerso in un paesaggio incantevole, il complesso del santuario di Apollo è al tempo stesso un eccezionale luogo di culto e un’area archeologica di straordinaria importanza.
Il santuario, affacciato sulla valle del fiume Pleistos e sovrastato dalle pareti rocciose incombenti Fedriadi (le “splendenti”) che formano le gole della Castalia da cui scaturisce una sorgente sacra, era disposto su terrazze artificiali e circondato da un recinto in muratura di 190 metri per 135, interrotto da nove porte. Una Via Sacra risaliva la collina fra una decina di tempietti innalzati da diverse città greche per depositarvi offerte periodiche; l’area era ornata da 3000 statue e altre opere d’arte, pochissime delle quali giunte fino a noi. Nella parte alta il tempio di Apollo ospitava nel suo locale più nascosto (l’àdyton) la profetessa Pizia quando pronunciava i suoi oracoli. Nessuna guerra o iniziativa pubblica importante veniva intrapresa senza consultarla, e anche la gente comune non esitava a porle quesiti di carattere personale. Delfi fu per oltre un millennio il punto di riferimento religioso di tutto il mondo ellenico, con notevoli riflessi anche sulla sfera politica e sociale.

L’area sacra di Delfi

L’origine dell’oracolo di Delfi risale all’età micenea, intorno al 1500 a.C, quando una semplice capanna di frasche di alloro costituiva un luogo sacro dedicato a Gea, dea della Terra; il sito era stato scelto perché una fenditura del terreno emanava esalazioni vulcaniche capaci di stordire chi le avesse respirate. In seguito, verso l’800 a.C, fu innalzato il primo tempio in pietra; vuole la leggenda che Apollo giovinetto vi affrontò e uccise il mostruoso serpente Pitone, introducendovi il proprio culto. Il tempio subì altre modifiche, fu circondato da un colonnato, mentre alla sommità dell’area sacra furono costruiti un teatro e uno stadio, nei quali ogni quattro anni si svolgevano giochi e gare poetiche e musicali in onore della Pizia. Accanto al tempio di Atena Pronaia (la guardiana del tempio) nel 390 a.C. venne eretto un tempietto a pianta circolare – la cosiddetta Thòlos di Marmarla – formato da 20 colonne marmoree doriche cui corrispondevano, nella cella, altrettante colonne corinzie. La funzione di questo tempio rimane sconosciuta. Anche a Epidauro nel santuario di Asclepio (il dio della medicina, figlio di Apollo) vi era un tempietto analogo che non si sa a cosa servisse: forse era dedicato al culto di un eroe o custodiva i serpenti sacri. Ma la thòlos di Delfi non poteva svolgere quelle funzioni.

L’ombelico del mondo

La mitologia greca racconta che un giorno Giove liberò due aquile ai confini estremi del mondo, per vedere quale fosse il suo centro. Le due aquile si ritrovarono a Delfi, sopra una pietra sacra fatta a cupola caduta dal cielo, ornata da un rilievo a maglia di rete. Oggi quella pietra, ritenuta l’Omphalòs o “ombelico del mondo”, si può osservare nel Museo Archeologico di Delfi (che custodisce, tra l’altro, la celebre statua dell’Auriga del 460 a.C). Per i Greci esistevano più “ombelichi”: se quello di Delfi era in assoluto il centro del mondo, vi erano anche quelli di ciascuna nazione, di ogni città, dei singoli luoghi sacri e così via. Questa credenza portò alla tradizione di inserire una pietra tondeggiante nella fondazione dei templi, ereditata poi da Etruschi e Romani e trasformata in quella che tuttora viene chiamata la “posa della prima pietra”.

L’oracolo

Chiunque intendesse consultare la Pizia doveva seguire una precisa procedura. Dopo essersi purificato nelle acque della Fonte Castalia, il pellegrino (alle donne non era permessa la consultazione) affrontava il “giudizio della capra”: l’animale veniva spruzzato con acqua fredda e se tremava poteva essere sacrificato. Pagato il tributo stabilito, il postulante presentava al sacerdote il proprio quesito scritto su una tavoletta; poi seguiva questi e la profetessa nel tempio, aspettava in un locale attiguo all’àdyton e infine otteneva la risposta dal sacerdote, quasi sempre dal significato dubbio e non di rado incomprensibile, tanto che era definita loxias, “ambigua”. La prima profetessa era una vergine che dava responsi una sola volta all’anno, il settimo giorno del mese bisio (febbraio-marzo), data di nascita di Apollo; ma dopo il rapimento di una giovane profetessa si preferì incaricare donne di oltre 50 anni di età. Con l’aumento continuo delle domande, le Pizie divennero due con una terza di riserva, che lavoravano il settimo giorno di ogni mese. Tuttavia i pellegrini provenienti da città con ambasciatori a Delfi potevano consultare l’oracolo ogni giorno, per cui le Pizie erano impegnate tutto l’anno. La profetessa di turno si recava al mattino alla Fonte Castalia, dove si purificava, beveva l’acqua della sorgente sacra Casotide e raccoglieva foglie di alloro, che masticava; veniva quindi portata in processione nel tempio, accompagnata dai sacerdoti e dai fedeli. Scesa nell’àdyton sedeva su un tripode d’oro posto sopra una fenditura, dalla quale respirava le esalazioni vulcaniche con una foglia d’alloro in bocca, cadendo presto in trance. Si dice che le risposte ai quesiti fossero suoni incomprensibili, trascritti e interpretati dai sacerdoti, i quali li presentavano ai fedeli in esametri o più raramente in prosa. Ma Plutarco, sacerdote a Delfi per trent’anni, ha scritto che era Apollo a ispirare visioni alla Pizia, la quale le traduceva con proprie parole.
O nel corso dei secoli cambiarono le procedure, oppure una delle due versioni è da ritenersi falsa. La grande affluenza di pellegrini a Delfi provocò un progressivo decadimento del profondo significato religioso iniziale. Venne perfino istituito un “oracolo rapido”, che rispondeva per sorteggio alle domande più semplici; ma non tutti si fidavano di queste risposte, per cui i sacerdoti si rifugiarono sempre più nell’ambiguità. L’opposizione di stimati filosofi a questo tipo di divinazione, l’affermarsi dell’astrologia e dei culti misterici come quello di Iside segnarono la decadenza e l’abbandono della consultazione a Delfi. Quando l’imperatore cristiano Teodosio nel 385 d.C. proibì l’oracolo, la fama e i fasti dell’antica area sacra ad Apollo erano ormai ricordi del passato.

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