Una elementare conoscenza biologica del mare dovrebbe far parte di ogni subacqueo. Questo tipo di nozioni sono basilari per sapere cosa si sta osservando, per imparare a vederlo e per la propria sicurezza. Molti subacquei al termine delle proprie immersioni escono dall’acqua e, ancora con le bombole indossate, si lamentano dicendo: “che brutta immersione, non c’era nemmeno un pesce!” Probabilmente e’ vero che quel giorno non vi era pesce, ma e’ anche vero che lo stesso compagno di immersione puo’ esclamare: “Che bella immersione! Ho visto pareti di parazoanti, paramuricee, c’erano delle flabelline favolose, ma avete visto quella ciprea? O quei cerianti? Come era strano quell’uovo di gattuccio sulla rete abbandonata. Hai visto che c’era l’animale dentro?. Peccato non aver portato la macchina fotografica!”. Questa situazione apparentemente contraddittoria e’ abbastanza frequente. Il motivo e’ uno solo: la non conoscenza della vita marina. Tutti sappiamo riconoscere ed ammirare un capodoglio, ma non e’ un incontro abituale. Oltre a questo, potremmo valutare erroneamente il comportamento di taluni animali. Tipico esempio e’ la murena (Muraena helena). Con il suo aspetto serpentiforme ed il caratteristico modo di respirare a bocca aperta mostrando i propri denti, e’ subito classificata tra gli animali pericolosi e meritevoli di un arpione: niente di piu’ falso. Il pesce scorpione (Peterois volitans), gli acanturidi (pesci chirurgo) e il Balistoides conspicillum sono animali bellissimi, ma possono fare lesioni dolorosissime all’incauto subacqueo che magari… “volevo solo accarezzarli”. Le specie appena elencate sono di mari tropicali, ma anche nel Mediterraneo vi sono specie da controllare piu’ attentamente di altre. Possiamo citare lo scorfano rosso (Scorpaena scrofa), uno scorpenide apprezzato per le sue carni, ma dotato di spine sulla pinna dorsale capaci di provocare punture dolorose. La tracina (Trachinus draco) vive sui fondali immersa nella sabbia dalla quale lascia emergere solo la testa tozza e i grandi occhi. Puo’ raggiungere anche i 30 centimetri di lunghezza e puo’ provocare ferite che causano dolori lancinanti con gli aculei posizionati sulla parte iniziale della pinna dorsale. Il suo periodo di riproduzione e’ la primavera/estate ed e’ una specie commestibile. Il primo soccorso consiste nella rapida immersione della zona colpita in acqua salata calda a 40-45 gradi per non meno di 60 minuti e successiva osservazione medica. La torpedine (Torpedo torpedo) vive in tutto il Mediterraneo. Riconoscibile per la particolare forma discoidale con la pinna caudale allungata, la torpedine e’ capace di scaricare sul malcapitato, con il quale e’ giunta in contatto, energia elettrica fino a 100 volt. Un’altra specie da evitare e’ rappresentata dall’Hermodice carunculata, meglio conosciuta come vermocane. L’Hermodice e’ un verme che puo’ raggiungere i 30 centimetri di lunghezza ed e’ uno dei tanti “spazzini” del mare, in quanto si nutre anche di animali morti. Di aspetto molto appariscente, se toccato, provoca con le setole poste ai lati del corpo bruciori ed irritazioni notevoli che gli hanno fatto meritare l’appellativo di “verme di fuoco”. Il primo soccorso consiste nell’estrarne gli aculei rimasti nella cute e applicare della pomata antibiotica al cortisone. Un altro abitante dei nostri mari e’ la medusa luminosa (Pelagia noctiluca) dal potere altamente urticante donatogli dai lunghi filamenti dotati di cellule urticanti. Le dimensioni di questa medusa variano dai 4 ai 10 centimetri di diametro mentre i tentacoli possono raggiungere i 25 centimetri di lunghezza. Di colore rosa-vermiglio, prende il nome di medusa luminosa perche’, se disturbata, emette una luce verdastra. Il primo soccorso consiste in continui lavaggi di acqua salata, senza sfregamenti, e applicazione di aceto o ammoniaca, rimozione di eventuali residui di filamenti proteggendosi le mani, applicazione di una crema cortisonico-antistaminico-analgesica.
Un pesce pericoloso di cui poco si parla e’ lo Xiphias gladius piu’ noto come pesce spada. Ricercato per la bonta’ delle carni, il pesce spada e’ un voracissimo predatore al continuo inseguimento di ricciole, palamite, tonni e di qualsiasi altro pelagico. Nel periodo d’oro delle tonnare era pressoche’ una costante catturare insieme ai tonni anche esemplari di pesci spada e squali. La “ferrazza” o trigone ricorda, come forma, la torpedine, ma a differenza di questa, possiede sulla pinna caudale, sottile e allungata, un potente aculeo che l’animale, se aggredito o calpestato, cerca di conficcare nel corpo dell’aggressore. Se vi riesce, il rivestimento che avvolge l’aculeo si rompe ed il veleno si diffonde nei tessuti della vittima originando inizialmente dolore, quindi nausea ed anche probabili scompensi cardiaci. Il primo soccorso consiste in continui lavaggi di acqua salata riscaldata a 40-45 gradi ed osservazione medica. Gli squali sono presenti nel mediterraneo in varie specie, la verdesca, il volpe, il bianco, lo smeriglio. Il mar Mediterraneo e’ una specie di nursery per gli squali. Questo non significa che esistono piu’ squali che castagnole, ma si deve pur prendere per ipotesi anche un incontro di tale tipo. Dare consigli su cosa fare quando si incontra uno squalo pericoloso puo’ apparire un’occasione per fare dell’ironia, ma qualcosa da fare e qualcosa da non fare in tali circostanze vi e’ davvero, e quindi meritevole di essere descritto. Qualcosa da fare e’ di cerate di addossarsi, senza fare movimenti scomposti, alla piu’ vicina parete.
Da non fare e’ cercare di raggiungere precipitosamente la superficie. E’ anche opportuno cercare di non produrre rumori insoliti, e non portare prede agonizzanti in cintura, se si pratica la pesca subacquea. La sensazione di avere nelle vicinanze un pesce o “qualcosa” di ferito, per lo squalo, e’ una forma di incentivo all’attacco. Nella maggior parte dei casi, se incontrerete uno squalo, scoprirete che fara’ di tutto per allontanarsi da voi nel piu’ breve tempo possibile. I casi di aggressione da parte di squali nel Mediterraneo sono stati pochissimi e diluiti nel corso di decine e decine di anni.
Nei mari tropicali, meta di ogni sub, vi sono alcune altre specie pericolose oltre a quelle citate ad inizio capitolo. Un pesce pericoloso e’ il pesce “pietra” (Synduceia verrucosa) chiamato cosi’ per la sua incredibile capacita’ di confondersi con il fondale roccioso. Appartenente alla famiglia degli scorpenidi, il pesce pietra possiede nella pinna dorsale degli aculei molto velenosi anche per l’uomo. Occorre quindi prestare attenzione dove posiamo le mani, e un bravo subacqueo dovrebbe mantenere un buon assetto senza appoggiarsi da nessuna parte. Nei mari tropicali vivono serpenti come la (Laticudia colubrina), dotato di un morso velenosissimo. Fortunatamente per l’uomo, questo rettile ha la bocca piccola e i denti sono molto arretrati per cui puo’ mordere solo parti molto sottili. Questo rettile puo’ superare il metro in lunghezza ha una colorazione giallastra con tutto il corpo disseminato da anelli colore blu scuro.
Il concetto di specie da proteggere si estende sia alla fauna che alla flora. Il subacqueo che casualmente assiste ad una situazione critica per l’ambiente marino deve segnalare rapidamente quanto sta accadendo alle autorita’ piu’ vicine. Nel caso di emergenza deve intervenire lui stesso. Casi come animali imprigionati in reti abbandonate o specie protette come il delfino, la tartaruga, la foca monaca devono far attivare nel subacqueo il proprio senso di responsabilita’ e/o di rispetto per l’ecosistema. Il subacqueo deve rappresentare per i propri compagni un “modello di ruolo” al quale ispirarsi. Abbandonare le batterie scariche al termine di un’immersione, abbandonare le luci chimiche al termine di una notturna, abbandonare un cinghiolo spezzato, eccetera, sono, senza alcuna retorica, un vero e proprio crimine verso se stessi e gli altri. L’abitudine del “portar via qualcosa” fa parte di una mentalita’ involuta. Il rametto di corallo staccato dalla roccia e’ un vero e proprio reato. Alcuni sub staccano le gorgonie credendo che si possano conservare con il loro originale colore; dopo pochi giorni le gorgonie che prima crescevano rigogliose in mare troveranno alloggio nel cassetto dell’immondizia. La gnacchera (pinna nobilis) e’ meno fortunata nonostante sia una specie protetta, vi e’ ancora chi la strappa dal fondo del mare per poi attaccarla ad una parete in casa. Sappiamo bene che i danni causati dai sub sono ben poca cosa in confronto alla pesca a strascico, alla pesca industriale, all’inquinamento chimico, ma questo non significa autoconcedersi l’autorizzazione a comportarci con la stessa mentalita’ deleteria.