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Diario di viaggio 2009 – Ritorno

Leggi il diario di viaggio dell’andata

Gli amici arrivano da Atene di sera e prima di andare in barca ceniamo al ristorante. Poi a bordo per la sistemazione noturna. Restiamo ancora ad Itea per permettergli di visitare Delphi e poi partiamo con destinazione Trizonia. Navigazione tranquilla, sosta nelle varie calette lungo la rotta e poi diamo fondo all’ancora davanti il porto. Rimaniamo alla fonda perchè il porto è pieno di barche e preferiamo stare più tranquilli. Serata in paese e l’indomani si parte con destinazione Mesolongi dove arriviamo dopo aver impegnato il lungo canale. Restiamo alla fonda anche lì, visita in paese, cena a bordo e il giorno dopo salpiamo per Poros. Ci fermiamo prima per fare il bagno e poi entriamo in porto. Siamo in agosto e il numero delle barche che incontriamo cresce e continuerà così fin quasi la fine del mese. Soprattutto italiani spesso con grosse e rumorose barche a motore. Risaliamo la costa di Cefalonia bordeggiando contro vento e nel pomeriggio raggiungiamo Aghia Efimia. Troviamo posto in banchina e scopriamo che con poca spesa ci forniscono acqua ed elettricità. Giro in paese, bagno in spiaggia, cena al ristorante con vista sul canale tra Cefalonia e Itaca. L’indomani molliamo gli ormeggi e raggiungiamo una baia a sud di Itaca dove, alla fonda, trascorriamo la giornata e la notte. La mattina successiva il vento gira da est vanificando il ridosso, così decidiamo di andare a Vathi paese principale dell’isola. Ancoriamo in rada, la banchina è strapiena, e col tender andiamo a terra per la solita visita, gli acquisti e il rifornimento per la cambusa. L’indomani salpiamo e ci fermiamo in una baia gran parte della giornata, poi nel pomeriggio proseguiamo verso nord bordeggiando con destinazione Sivota. Abbiamo difficoltà ad ancorare in rada, c’è molto vento all’interno del fiordo e gira da tutte le direzioni e poi ci sono tante barche che limitano gli spazi disponibili. Dopo un paio di tentativi troviamo una sistemazione soddisfacente e andiamo a terra per la cena. Il giorno dopo lasciamo l’isola di Lefkas e costeggiamo da sud Meganisi e ormeggiamo in rada con le solite cime a terra a Porto Atheni. Il posto è stupendo, c’è anche un piccolo molo e un market, e decidiamo di restare qui due giorni che trascorriamo in relax facendo tanti bagni. Lasciamo poi il nostro ancoraggio e dirigiamo su Skorpios, giro dell’isola, sosta in rada e poi navighiamo verso la costa con destinazione Palairos. Lo scegliamo perchè essendo lontano dalle isole speriamo di trovare meno barche. Quando arriviamo entriamo in porto e troviamo un posto dove ormeggiare col rubinetto dell’acqua molto vicino del quale approfitto per fare un pò di bucato. In effetti ci sono poche barche e il paese è fuori dal circuito turistico degli stranieri. Trascorriamo una piacevole serata tra aperitivo, cena e chiacchere e il giorno dopo navighiamo costeggiando verso sud diretti all’isola di Kalamos. Troviamo una caletta solitaria e trascorriamo lì gran parte della giornata. Nel pomeriggio dirigiamo verso il porto dove ormeggiamo seguendo le indicazioni di un signore che si rivela poi il padrone di un ristorante lì vicino. Dopo un’ora il porto si riempie di barche charter, siamo arrivati appena in tempo! Andiamo a fare un giro per il paese che si trova in alto…molto in alto, e poi torniamo in barca per la cena. La mattina dopo, al momento di partire, mi accorgo che la mia linea di ancoraggio è sepolta sotto quella di altre due barche che naturalmente non hanno in quel momento nessuno a bordo. Lavoro mezz’ora per districare il groviglio di ancore e catene e poi fuggiamo via verso Lefkas. Ci fermiamo durante la navigazione davanti una spiaggetta e poi impegnamo il canale navigabile che porta alla città. Ancoriamo dopo diversi tentativi (l’ancora non agguanta sul fango molle) davanti il paese e scendiamo a terra. Shopping, cena e poi torniamo in barca per concludere la serata con un bel bicchiere di tsipuro (grappa locale). Al mattino ci mettiamo a turno con le altre barche, tante, in attesa che il ponte mobile si apra per farci passare. Quando passo nel punto più stretto mi sento come se fossi in macchina all’ora di punta! Poi rotta nord-ovest verso Paxos, arrivo nel pomeriggio e ormeggio nel porto canale di Gaios. Bagno nella spiaggia del paese, shopping e cambusa. Dopo Gaios ci spostiamo a Lakka dove rimaniamo qualche giorno alla fonda nella baia esplorando col tender le calette vicine. Poi salpiamo e ci dirigiamo a Petriti dove ci fermiamo un paio di giorni sempre alla fonda prima di tornare a Corfù da dove i miei amici ripartiranno per l’Italia. Arriviamo al NAOK Yacht Club ma non troviamo posto, ormai trovare un posto in banchina è diventato veramente difficile, e così diamo fondo all’ancora proprio sotto il castello. Sbarchiamo col tender e trascorriamo tutti insieme l’ultima serata in città. L’indomani all’alba sbarchiamo equipaggio e bagagli e si va in taxi in aeroporto. Poi rientro in barca, da ora in avanti sarò da solo, e decido di rimanere a Corfù un altro paio di giorni. Nel frattempo sento Ciro al telefono e mi dice che è sulla via del ritorno, decidiamo così di navigare insieme fino a casa e ci diamo appuntamento a Gaios tra qualche giorno. Ne approfitto per veleggiare in relax e dirigo su Murtos. Trovo una caletta ben ridossata e mi fermo lì per la notte. Il giorno dopo altra veleggiata verso Parga, dove arrivo nel pomeriggio spinto da 25 nodi di vento. Mi fermo all’ancora davanti la bella spiaggia e rimango tutto il pomeriggio circondato da veloci motoscafi che fanno fare ai bagnanti lo sci d’acqua, il bananone, il materassino che decolla contro vento…. Per fortuna viene la sera e tutto questo finisce! Trascorro una notte tranquilla e l’indomani altra veleggiata verso Gaios dove ho appuntamento con mio figlio. Lui è in barca a vela con altri 9 ragazzi e lo skipper e stanno facendo una crociera, organizzata dalla mia azienda, in quella zona. Ci vediamo in serata e lo ospito per farsi una doccia. Nella sua barca non riescono ad usarla anche se hanno i serbatoi pieni! Trascorro la serata con lui in giro per il paese e poi ci salutiamo. Ripartiranno presto, sono di ritorno, e ci rivedremo a Palermo. La mattina dopo mi sposto a Lakka dove resto un paio di giorni. Il paesino è grazioso, c’è un ristorante che fa del maiale alla brace che è fantastico, il ridosso è perfetto e col tender posso andare a fare il bagno nelle calette vicine, cosa voglio di più? Poi ritorno a Gaios e poco dopo arriva anche Ciro che si ormeggia vicino a me. Studiamo le meteo e visto che nei prossimi giorni il tempo sarà buono decidiamo di partire l’indomani e cominciare il ritorno. Navighiamo costeggiando il lato ovest di Corfù e ci dirigiamo verso Paleokastriza. Appena arrivo entro in porto e scopro, amara sorpresa, che non ci sono posti disponibili per barche in transito. E’ tutto occupato da barconi per turisti, pescherecci e motoscafi da noleggio. Decidiamo così di continuare la navigazione e di fermarci per la notte ad Othoni dove arriviamo nel tardo pomeriggio. Ancoraggio in rada, notte tranquilla e l’indomani si parte per l’Italia. Veleggiamo per quasi tutte le circa 50 miglia che ci occorrono per arrivare a Santa Maria di Leuca e stavolta troviamo posto al marina. Ci fermiamo due giorni e visitiamo la città dato che all’andata non era stato possibile. Poi ripartiamo e sempre veleggiando arriviamo a Crotone e ormeggiamo al Kroton Yacht Club proprio dove eravamo stati all’andata. Serata piacevole e al mattino doppiamo capo Rizzuto e ci fermiamo nel porticciolo di Le Castella. Facciamo un giro in città e visitiamo il castello, poi studiamo le meteo perchè l’indomani ci aspetta il golfo di Squillace. Partiamo con calma di vento, dopo un’ora arrivano 22 nodi da nord-ovest che durano circa tre ore poi 10 nodi da sud-est fin quasi a Roccella Jonica. Dopo la bella veleggiata ormeggiamo alla banchina di transito e la sera mangiamo la famosa pizza al metro. L’indomani studiamo le meteo e… sorpresa!… il bel tempo sembra sia finito. Si prevedono burrasche e temporali da nord ovest lungo la nostra rotta nei prossimi giorni. Decidiamo così di aspettare il passaggio della perturbazione a Roccella. Rimarremo lì cinque giorni in attesa che il tempo migliori. Finalmente la burrasca finisce e ci molliamo per fare rotta su Reggio Calabria. Niente vento e mare molto mosso fortunatamente in poppa. Arrivo a Reggio, faccio carburante e mi fermo alla banchina pubblica aspettando l’arrivo del Walkabout (la barca di Ciro e Gabriella). Il cielo è nuvoloso e le previsioni continuano a dare temporali nel tirreno meridionale. Decidiamo di fare rotta direttamente per Cefalù (circa 90 miglia) e se il tempo dovesse peggiorare di fermarci a Milazzo. Partenza all’alba e mentre esco dal porto mi accorgo di avere qualcosa nell’elica. Fermarsi ora, nello stretto, non è possibile e così navigo a bassi regimi aiutato però dalla corrente a favore fino a raggiungere un posto dove mi posso fermare per ispezionare l’elica. Mi immergo e taglio circa un metro di nastro che si era avvolto nell’elica. Riprendo la navigazione mentre osservo i temporali che si muovono sulla costa. In mare non c’è vento e il cielo a nord è sgombro. Navigo così tutto il giorno e prevedo di arrivare a Cefalù col buio. Al tramonto diversi temporali si addensano sulla zona e, aiutato dalla fortuna, ne evito diversi tranne uno che a circa 4 miglia dall’arrivo mi investe violentemente. 25 nodi a raffiche da tutte le direzioni, pioggia torrenziale, mare confuso e, ciliegina sulla torta, la luce verde del molo di Cefalù spenta! Con un pò di apprensione riesco ad entrare in porto, ormeggiare in banchina da solo con queste condizioni meteo non se ne parla e così ancoro in mezzo alle altre barche proprio a ridosso dei moli. Dopo due ore arriva il Walkabout. E’ stato meno fortunato di me, i temporali lo hanno raggiunto circa 20 miglia prima dell’arrivo e lo hanno seguito tutto il tempo. Trascorriamo una notte tranquilla, il tempo nel frattempo migliora, e l’indomani possiamo partire per l’ultima tappa che ci condurrà a Palermo. Il bollettino meteo sembra un bollettino di guerra, ma le ultime 35 miglia non riservano sorprese. Entro in porto e ormeggio al mio posto. Sono a casa! Il viaggio è durato tre mesi, ho percorso 1.500 miglia di cui 500 in solitario, FFone si è dimostrata ancora una volta affidabile, e io … me la sono cavata egregiamente.

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Diario di viaggio 2009 – Andata

Sono tornato! Partito a metà giugno dopo tre mesi di navigazione e 1.500 miglia percorse, sono rientrato a Palermo a metà settembre. Tutto è andato bene, il tempo è stato clemente e a parte qualche piccolo problema tecnico e un pò di cattivo tempo nell’ultima parte del viaggio non ci sono state sorprese.
Ho mollato gli ormeggi dal porto di Palermo la mattina presto con destinazione Vulcano. Navigazione a motore e nel tardo pomeriggio do fondo all’ancora nel porto di ponente. Notte tranquilla e la mattina dopo si parte per Reggio Calabria. Sempre emozionante passare lo Stretto di Messina per via del continuo traffico di traghetti e navi che incrociano la mia rotta e per via della corrente che, avendola a favore, spinge la barca alla velocità di 10 nodi! Ormeggio di fianco alla banchina pubblica e dopo avere espletato le formalità con la Guardia Costiera mi concedo un giro in città. Nel frattempo si alza un vento fresco da nord che al’interno del porto genera risacca e rende disagevole l’ormeggio. Dopo aver ballato gran parte della notte, l’indomani salpo alla volta di Roccella Jonica dove arrivo nel pomeriggio. Qualche problema per entrare in porto a causa della draga che libera dalla sabbia l’ingresso, e ormeggio al finger nella zona riservata al transito. Mi fermo un paio di giorni per riposare perchè ancora non ho completamente ritrovato il mio piede marino. So che dovrà passare ancora qualche giorno per ritrovare la perfetta sintonia col mare e con la barca, dopo tutto ho lasciato la vita cittadina e il lavoro d’ufficio soltanto tre giorni fa! Mi riposo, faccio pulizia e soprattutto la sera mangio la meravigliosa pizza al metro tipica della pizzeria all’interno del porto. Nel frattempo il vento da nord si calma così posso partire e affrontare la navigazione nel golfo di Squillace, posto che gode di pessima fama a causa del vento violento che scende dalle montagne e del conseguente mare grosso e confuso che genera, per arrivare a Crotone dove sono atteso da una coppia di amici, Ciro e Gabriella in barca anche loro, con i quali continueremo la navigazione fino a Corfù. Arrivo nel pomeriggio, spinto da un bel vento da sud che nel frattempo è arrivato, faccio carburante e ormeggio al Kroton Yacht Club. L’ormeggio non è dei più comodi perchè entra un pò di risacca ma l’accoglienza è buona e il posto è anche dotato di docce comode con acqua calda. Ci fermiamo lì quattro giorni, in attesa che il tempo si rimetta al bello, visitando la città, il castello e l’ottimo mercato. Il tempo è brutto e la temperatura abbastanza fresca così, facendo finta di essere in clima natalizio, organizziamo una cena a base di … cotechino e lenticchie!! Appena il tempo si rimette al bello salpiamo in direzione di Santa Maria di Leuca. Dopo qualche miglio sento un forte odore di gasolio che proviene dalla sentina. Fermo il motore, ripulisco tutto e cerco la causa. Un bullone di tenuta del circuito di ritorno del gasolio incombusto si è svitato. Lavoro per mezz’ora per riuscire a riavvitarlo e dopo posso riavviare il motore. Verifico che tutto è in ordine e riprendo la navigazione. Arriviamo nel tardo pomeriggio e non troviamo posto al marina così ci ancoriamo davanti il porto e trascorriamo una notte molto movimentata alla fonda. In porto c’è tutta una banchina libera che purtroppo, a causa di una ordinanza della Capitaneria di Porto, non è praticabile pena multa e sequestro dell’imbarcazione. La mattina dopo si parte in direzione di Othoni, l’isola greca più vicina all’Italia. Dopo avere evitato bassi fondali e scogli affioranti diamo fondo nella baia di fronte il paese. Siamo in Grecia! Metto a mare il tender, che da ora in poi sarà molto utilizzato, e andiamo al ristorante per la prima cena greca a base di souvlaki (spiedini di carne di maiale alla griglia), tzatziki (crema di yogurt e cetrioli), e birra mithos. La notte siamo raggiunti da un violento temporale con tanta pioggia che non disturba la tenuta dell’ancora e l’indomani si parte alla volta di Kassiopi dove arriviamo, dopo avere costeggiato la costa nord di Corfù, nel primo pomeriggio. Ormeggio in banchina con l’ancora a prua e le cime a poppa, come da ora in avanti faremo in tutti i porti greci, e facciamo un giro per il paesino. Ci fermiamo due giorni e io approfitto dell’aiuto di Ciro per sistemare il carburatore del piccolo fuoribordo del tender che ha deciso di non fare passare più la benzina. Smontiamo, ripuliamo, rimontiamo e…. funziona!! La mattina dopo, con comodo, salpiamo e ci dirigiamo a Corfù. Navighiamo lungo costa e passiamo a meno di un miglio dalla costa albanese. Superato il promontorio, dove c’è la fortezza che domina la città, ormeggio al NAOK Yacht Club. Elettricità, acqua in abbondanza, wi-fi incluso nel prezzo e soprattutto a due passi dal centro città. Mi fermo tre giorni facendo le grandi pulizie, girando per la città e aspettando degli amici che arriveranno con l’aereo e con i quali navigheremo i prossimi giorni. Scopro purtroppo che il mio pc portatile si è preso un virus che non mi permette di navigare in internet. E così, da ora in poi, per le previsioni meteo mi affiderò ai bollettini che vengono trasmessi sul VHF, molto affidabili e letti in greco e in inglese, e ai numerosi internet point che troverò in giro. La sera tardi arrivano gli amici e la mattina dopo partiamo con destinazione Petriti. Lungo la rotta ci fermiamo a fare il bagno. Subito dopo pranzo mi accorgo che sotto la barca c’è un bel branco di pesci e allora indosso immediatamente pinne e maschera, prendo il fucile subacqueo e vado in acqua. Il branco è formato da una decina di ricciole che nuotano curiose sotto la barca. Prendo la mira e un pesce finisce nel carniere! La cena è assicurata! Più tardi ormeggiamo al porticciolo e la sera mangiamo al ristorante una frittura di sarde che non si dimentica. Il pesce che ho pescato lo mangeremo domani. La mattina dopo ci salutiamo con Ciro e Gabriella, le nostre rotte si dividono ma ci rincontreremo più avanti per fare la navigazione di ritorno insieme. Salpiamo da Petriti e ci dirigiamo verso l’isola di Paxos. Ci fermiamo alla fonda nella rada di Lakka, posto ben protetto con un’acqua limpida e azzurra. La sera andiamo in paese con il tender e troviamo un ristorante (che lì si chiama taverna) che cucina alla brace un maiale delizioso. Tra maiale, pollo, capra,e vitello rigorosamente cucinati allo spiedo sulla griglia, faremo nei prossimi giorni delle cene meravigliose. Costa anche abbastanza poco, bisogna solo evitare di prendere il pesce che costa una cifra veramente eccessiva. Il giorno dopo si va a Gaios, paese principale dell’isola, che ha un porto canale veramente suggestivo. Avevo un po’ di paura di imbarcare un topo, cosa che mi era successa qualche anno fa, ma quest’anno di topi nessuna traccia. Meno male! L’indomani giro di Paxos e Antipaxos (isoletta a sud della principale con delle insenature con acqua cristallina prese d’assalto però da tutte le barche sia private che per turisti) e ritorno a Lakka dove riusciamo a trovare posto in banchina. Il giorno dopo si mollano gli ormeggi destinazione Lefkas. Bella navigazione a vela e nel pomeriggio raggiungiamo l’ingresso del canale che porta alla città. Arriviamo in tempo per l’apertura del ponte girevole e dopo aver fatto carburante ci ormeggiamo al marina. Struttura molto grande, ben organizzata, come poche ce ne sono in Grecia. Poi andiamo a visitare la città che è piena di turisti di tutte le nazionalità, negozi alla moda e un bel corso pedonale. Lasciamo Lefkas destinazione Skorpios. Si tratta dell’isola privata della famiglia Onassis, sulla quale è vietato sbarcare. A differenza di qualche anno fa quando non si poteva neanche ancorare nelle immediate vicinanze, ora è meta delle barche per turisti che fanno fare il bagno nelle limpide acque che la circondano. Ci fermiamo anche noi per un bagno e poi dirigiamo per Port Vathi nell’isola di Meganisi. Ormeggio difficoltoso a causa del fango molle che non permette all’ancora di far presa sul fondo, al terzo tentativo l’ancora tiene e possiamo finalmente scendere a terra. Notte tranquilla e l’indomani costeggiamo la costa ovest di Meganisi fermandoci in una cala solitaria per il bagno e poi nel pomeriggio veleggiamo verso Sivota e diamo fondo all’ancora proprio davanti al paesino. La lunga banchina è tutta occupata dalle barche delle società di charter che qui hanno una delle loro basi. C’è un gran movimento di inglesi che tra bagagli e briefing si preparano alla loro settimana di vela. Lasciamo Sivota al mattino e veleggiamo per doppiare la punta a sud-ovest dell’isola per fare poi rotta verso nord costeggiando l’alta costa scoscesa di Lefkas. Ci fermiamo davanti una spiaggia e sbarchiamo col tender. Al momento di ripartire mi accorgo che l’ancora si è incastrata tra gli scogli e, nonostante i soli 5 metri di profondità ma con soli 20 cm di visibilità, ho necessità di indossare la bombola subacquea per disincagliare l’ancora. Dopo issiamo le vele e dirigiamo verso Fiskardo dove ci fermiamo alla fonda legando due cime a terra. Scendiamo in paese per la solita passeggiata, la cena e un internet point per dare un’occhiata all’evoluzione del tempo. L’indomani salpiamo l’ancora e navighiamo verso Assos, paesino incastonato all’interno di un promontorio su cui svetta una fortezza. Il posto è magnifico e diamo fondo all’interno della piccola insenatura davanti la spiaggia del paese. Purtroppo però, come da previsione, il vento da NW rinfresca e la baia è aperta a Nord. Comincia ad entrare un po’ di risacca che col passare del tempo diventa fastidiosa. Decidiamo di tornare a Fiskardo per la notte e appena usciti dal ridosso veniamo investiti da 25 nodi di vento e da un mare formato che ci fa tribolare per le circa 8 miglia prima di ritrovare il ridosso dell’isola. Ci fermeremo lì per due giorni in attesa che il tempo si rimetta al bello e ne approfittiamo per noleggiare una macchina e girare l’isola di Cefalonia. Poi salpiamo e navighiamo verso Itaca, costeggiamo la costa nord, ci fermiamo per il solito bagno, poi cerchiamo di ormeggiare a Frikes. Dopo esserci fermati in banchina scopriamo che dal largo entrano grosse onde generate dal traffico delle navi, per cui se l’ancora dovesse arare rischieremmo di distruggere la barca sulla banchina. Leviamo gli ormeggi e dirigiamo un po’ più a sud verso Kioni. Non troviamo posto in banchina e così diamo ancora nella baia antistante. C’è ancora vento ma il ridosso è buono e col tender andiamo a visitare il paesino. La mattina dopo costeggiamo l’isola, ci fermiamo in una grande baia piena di spiaggette, ne troviamo una dove non ci sono altre barche e restiamo lì mezza giornata. Poi dirigiamo su Poros dove ormeggiamo in porto. Trascorriamo la serata tra passeggiate e cena in un ristorante dove lavora una ragazza di Catania! Ci svegliamo di buon’ora e navighiamo verso l’isola di Zante. Proviamo ad ancorare nella punta settentrionale dove ci sono delle belle grotte visitabili col tender ma il traffico dei barconi che sfrecciano a tutta velocità trasportando turisti ci fa desistere e decidiamo di costeggiare il lato occidentale fermandoci alla famosa baia del relitto. Quando ci arriviamo troviamo la spiaggia invasa di turisti portati con i soliti barconi, ma dopo un pò fortunatamente se ne vanno quasi tutti e possiamo goderci lo spettacolo con un pò di tranquillità. Sbarchiamo, facciamo tante foto e poi dirigiamo verso Keri, piccolo paese privo di porto praticabile per noi ma con una grande baia dove ancoriamo in 5 metri su sabbia. La useremo come base per i prossimi tre giorni, limitandoci a fare piccole navigazioni in cerca di bei posti per fare il bagno e per nuotare con le tartarughe che sono numerose in questa zona. Poco più a est c’è la famosa spiaggia di Laganas dove depongono le uova. Lasciamo Keri e andiamo nel porto di Zakinthos perchè la mattina dopo i miei amici ripartiranno con l’aereo per l’Italia. Bella città molto turistica dove mi fermo due giorni e ne approfitto per riordinare la barca. Mi sento al telefono con Ciro e ci diamo appuntamento l’indomani a Mesolongi. Salpo di buon mattino e veleggio tutto il giorno in direzione nord-est. La rotta passa vicino ad una secca e così filo la traina e proprio in quella zona prendo il mio primo e unico tonnetto greco. La pesca a traina, che ho praticato per tutto il viaggio, non ha dato i risultati sperati. Nel pomeriggio il vento cala e a motore impegno il lungo canale che porta a Mesolongi, e ormeggio a un pontile del nuovo marina proprio di fianco la barca di Ciro. L’indomani faccio il solito controllo di routine e mi accorgo che la sentina è piena d’acqua. Vuoto tutto con le pompe e cerco la causa. La fuoriuscita dell’acqua avviene dalla pompa di raffreddamento acqua di mare del motore. Contatto il gestore del marina che immediatamente chiama il meccanico il quale smonta la pompa e la porta via. Rimango due giorni in attesa di notizie, poi il meccanico ricompare con la pompa sistemata e mi rapina 400 euro dicendo di aver sostituito tutti i pezzi all’interno. Alla mia richiesta dei vecchi pezzi mi porta alcune cose che nulla hanno a che fare con la mia pompa. Ne nasce una discussione a tre, io il gestore del marina e il meccanico, che mi porta alla conclusione che i due sono d’accordo e che questo prezzo è uguale per tutti a prescindere dal lavoro che viene effettuato. Purtroppo devo pagare quanto richiesto, non ho modo di risolvere il problema con i ricambi a bordo, ma la pubblicità che da allora in avanti ho fatto a questi due signori spero sia stata efficace! Abbandoniamo il marina, passiamo sotto il ponte tra Rio e Antirio, entriamo a dare un’occhiata al minuscolo porto di Nefpaktos (l’antica Lepanto) e ormeggiamo nel pomeriggio all’isola di Trizonia. Restiamo lì tre giorni aspettando il passaggio di una perturbazione facendo tanti bagni nelle due spiaggette dell’isola. Verso sera il tempo migliora e io decido di partire per una navigazione notturna in direzione di Itea dove ormeggio verso l’una di notte. Bella navigazione anche insidiosa per la presenza di numerosi isolotti non segnalati ma con un’attenta pianificazione tutto si è svolto senza problemi. L’indomani devo cambiare ormeggio perchè avevo occupato il posto dove le barche fanno rifornimento d’acqua, e visito la cittadina. Mi fermerò qualche giorno per andare a visitare le rovine di Delphi, per accompagnare all’aeroporto di Atene mio figlio che ritorna in Italia e per ricevere degli amici che proseguiranno il viaggio con me.

Leggi il diario di viaggio del ritorno

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Estate 2009 – Grecia ionica




Il programma di viaggio per la prossima estate prevede la partenza da Palermo intorno al 15 di giugno con tappe a Cefalù, Vulcano, Reggio Calabria, Roccella Jonica, Paleokastriza (Corfù, Grecia).

Penso di navigare tra le isole dello Jonio (Corfù, Paxos, Levkas, Cefalonia, Itaca, Zakintos) e spingermi nel golfo di Patrasso e di Corinto durante i mesi di luglio e agosto.

In settembre, ancora non ho deciso quando, seguendo più o meno la stessa rotta ritornerò a Palermo.

Questo il programma di viaggio e per questo sto preparando FFone affinchè tutto funzioni regolarmente per tutta la navigazione. Manutenzione ordinaria al motore (olio, filtri, girante), manutenzione alle vele (rifatte cuciture a randa e genoa), verifica sartiame, scotte, drizze, winch, verifica batterie servizi e motore, sostituzione autoclave, etc…

Non resta che partire per qualche giorno per provare che tutto funzioni regolarmente, fare cambusa, controllare i documenti e mollare gli ormeggi.

Ed ora che sono tornato leggi i diari di viaggio

Nisos Kerkira (Isola di Corfù) Sono in molti a conoscere poco lo Ionio, ma pochi non hanno mai sentito parlare di Corfù. I riferimenti dalle epiche omeriche sino ai nostri giorni descrivono l’isola come un paradiso lussureggiante che esercita una grande suggestione sul visitatore. In un’epoca di turi­smo di massa, la magia di Corfù è guastata dal costante andirivieni di aerei che scaricano sciami di vacanzieri; non a caso la stragrande maggioranza è diretta esclu­sivamente qui, tralasciando le altre località dello Ionio. È dunque quasi sorprendente constatare che sull’isola ancora si trovino angoli di grande bellezza.
È un’isola di forma falciforme antistante la costa ovest dell’Albania e della Grecia continentale. Il canale che ne separa l’estremità settentrionale dall’Albania è largo appena un miglio e da Corfù si può vedere ab­bastanza distintamente la postazione militare di Bu­trino. In netto contrasto alle montagne brulle dell’ Albania, Corfù offre scenari verdi e lussureggianti che dal Monte Pandokrator a nord discendono sino alle pianure costiere a sud. Il centro dell’isola è ca­ratterizzato da alture accidentate interrotte da verdi vallate e campi erbosi. Vedendo le mucche pascolare sulle pendici dell’entroterra si stenta a credere di tro­varsi in Grecia.
Nisoi Paxoi e Andipaxoi (Isole di Paxos e Anti-Paxos)7M a S di Corfù sorgono Paxoi e la piccola Andipaxoi. Lunga 5M e larga 2M, fino a qualche anno fa Paxoi produceva quasi esclusivamente olio d’ oliva per iI quale è rinomata (pare che i grandi magazzini londi­nesi Harrods vendano esclusivamente olio di Paxos). Ora vi giungono regolarmente turisti da Corfù e negli ultimi anni sono sorte numerose ville. L’isola è cono­sciuta anche per la massiccia presenza di flottiglie e in estate porti e ancoraggi pullulano di barche.
Furono le acque al largo di Paxoi teatro di un parti­colare evento, poco ricordato oggi, ma di enorme ri­sonanza nell’antichità: il marinaio egiziano Thamus era diretto verso l’Italia, quando venne sorpreso da una bonaccia al largo di Paxoi. Una voce dal mare gli ordinò di annunciare che il dio Pan era morto. Di­sobbedì due volte, ma al terzo sollecito eseguì l’or­dine e subito un coro di lamenti si levò dal mare. È una strana storia tramandata da Plutarco nei suoi Mo­rafia e comunque quando Pausania visitò la Grecia un secolo dopo, il culto del dio Pan era ancora praticato. Andipaxoi, poco a S di Paxoi, è scarsamente popo­lata. Offre alcuni begli ancoraggi, ma nessuno è si­curo, salvo in condizioni di tempo stabile. I pochi abitanti vi coltivano vigneti e ulivi e dipendono in tutto da Paxoi.

Nisos Levkas, Nisos Meganisi e isole adiacenti Levkas è un’isola soltanto per il canale che la separa dalla terraferma, scavato all’inizio del secolo scorso dal governo greco su precedenti canali già creati dai corinzi intorno al VII secolo a.c. e da Augusto durante il dominio romano. Quella che pare sia la traccia del vecchio canale, scorre attraverso la palude salmastra a E di quello attuale. A W sono visibili i resti di un vecchio ponte turco-veneziano.
La città di Levkas si affaccia su un’ansa del canale e, come molti altri agglomerati situati in un’area sismica, fu completamente ricostruita in seguito a un terremoto nel 1953. Diversamente da Vathi sull’isola di Itaca, o da Zakinthos, durante la ricostruzione non venne seguito uno stile omogeneo, per cui oggi la città è un insieme disordinato di edifici in lamiera ondulata mattoni che si affacciano su vie anguste. Nonostante il suo aspetto dimesso, Levkas ha un proprio fascino ed è il principale centro culturale della regione. In agosto vengono promosse varie manifestazioni con bande musicali e danze folcloristiche internazionali . La banda cittadina si esercita per settimane al fine eseguire alla perfezione pezzi cacofonici, i commer­cianti ornano i propri negozi, la polizia decora strade con stendardi e striscioni e Levkas coinvolge turisti e abitanti in un’atmosfera festosa.
La piatta palude salmastra e le lingue di sabbia nel ­parte settentrionale si contrappongono alla catena montuosa calcarea che forma il resto dell’isola. Gran parte della popolazione è accentrata nelle zone bo­scose a sud e ad est. La massiccia fortezza medievale (circa 1300) all’ingresso N del canale, detta di Santa Maura per la chiesetta racchiusa entro le sue mura, fu ­in seguito utilizzata dai turchi e dai veneziani. È i ­dubbiamente interessante aggirarsi in questo ampio complesso, soprattutto per vedere il porticciolo delle galee adiacente le mura orientali. Nel tratto sud del canale sorge una fortezza veneziana a guardia del­l’ingresso di Ormos Dhrepanou.
L’estremità SW dell’isola è caratterizzata da una dirupata scogliera bianca chiamata Leukatas, da cui prende nome l’isola. Probabilmente si tratta della sco­gliera del “Salto di Saffo”, dalla quale si sarebbe ge­ttata la poetessa lirica di Lesvos vissuta nel VI secolo a.c. In seguito vi venivano gettati i criminali, e quelli che riuscivano a salvarsi erano recuperati e perdonati. Questo tratto costiero non offre ancoraggi, nonostante la vicinanza del porticciolo di Vasiliki.
La costa orientale di Levkas è punteggiata da isolette verdeggianti, tra cui Skorpios, l’isola privata di Aristo­tele Onassis, e Meganisi, la cui forma sulla carta ri­corda un girino gigante, frastagliata sul lato N e con sei ancoraggi ben ridossati. In quest’area si ambienta il romanzo di Hammond Innes, Levkas Man, nel quale l’autore configura queste isole nei resti di un ponte naturale mediante il quale l’uomo primitivo raggiunse l’Europa dall’Africa. Molti spunti del libro si basano su scavi eseguiti dall’archeologo tedesco Dorpfeldt i quale scoprì resti neolitici nei pressi di Evgiros, a sud di Levkas. Dorpfeldt avanzò inoltre l’azzardata teoria per cui Levkas avrebbe tutti i requisiti dell’ltaca ome­rica; in effetti, reperti di epoca micenea furono rinve­nuti nei pressi di Sivota e Vasiliki. L’archeologo sosteneva che in epoca medievale gli abitanti di Lev­kas mossero dalla terra d’origine alla più lontana ltaca odierna, portandovi così il nome e la cultura, ma gra parte degl i archeologi identifica tuttora la patria d Ulisse con l’attuale Itaca.

Cefalonia (Nisos Kefallinia)
Attraversando lo stretto canale di Itaca si raggiunge Cefalonia, l’isola più grande dell’arcipelago ionico. Come ltaca, anch’essa è aspra e dirupata. Partendo dall’estremità N dell’isola, una frastagliata dorsale montuosa si snoda verso S fino al Monte Nero che con i suoi 1600m costituisce la cima più alta delle Isole loniche. I rilievi sono prevalentemente brulli, ma nelle vallate, specie nella parte orientale dell’isola, si esten­dono lussureggianti foreste di pini che scendono sino al mare. Sono costituite in gran parte di un abete lo­cale, Abies cephalonica, alto e sottile che, nonostante il nome, cresce anche in altre zone della Grecia. Nell’antichità Cefalonia faceva parte del regno di Ulisse, e almeno qui gli archeologi sono stati in grado di trovare prove dei siti menzionati da Omero. Quat­tro le città importanti: Pale, Krane, Same e Pronoi. Same o Sami (similmente, Pale-Pali e Krane-Krani) era la città principale, edificata sulle alture immediata­mente a N dell’omonimo porticciolo dei traghetti. Notevoli le vestigia delle quattro città; quelli di Krani in particolare, sono reperti di epoca micenea molto ben conservati. Le tombe di Cefalonia sono ritenute il mi­glior esempio di arte funeraria micenea della Grecia. Come molte delle Isole loniche, anche Cefalonia è le­gata all’Italia, e un tragico evento dell’ultima guerra mondiale ne è la prova evidente. Gli italiani invasero l’isola nei primi giorni della guerra, ma non riuscirono ad averne il pieno controllo. Quando vi giunsero nel 1943 i tedeschi, le forze di occupazione, circa dodi­cimila soldati della divisione Acqui, non solo si rifiu­tarono di collaborare, ma vennero alle armi per sette giorni. AI termine del conflitto furono brutalmente massacrati oltre diecimila italiani. Della carneficina si salvarono in circa duemila; pare che un sopravvissuto abbia raggiunto a nuoto Itaca dove trovò rifugio presso la popolazione locale fino al momento in cui poté tornare in Italia. Fino a qualche anno fa questi era comandante di traghetto sulla linea Patrasso-Brin­disi e ogni volta che passava il canale di Itaca suonava la sirena per salutare i suoi benefattori greci.
A Cefalonia si producono buoni vini che però non de­rivano dai suoi rapporti con l’Italia, ma da produzioni locali francesi e, sorprendentemente, inglesi. Benché più cari rispetto agli standard greci (quasi il doppio del comune Demestica), il Robola bianco e rosso, Muscat e Mavrodafni.
La faglia sismica che affligge le altre isole dell’arci­pelago, in maniera similare interessa anche Cefalo­nia. Edward Lear, durante i I suo viaggio nelle isole, registrò soltanto nel 1863 ben quarantatre lievi scosse. Il violento terremoto del 1953 rase al suolo tutti i paesi dell’isola, ad eccezione di Fiskardho che, pare, poggi su un letto di argilla molle. Un abitante di Argostoli racconta che il suolo ondeggiava come un mare con onde alte un metro. La monotonia dei fabbricati in cemento, edificati durante la ricostruzione di Cefalonia, è in contrasto alla grazia dell’ar­chitettura ottocentesca di Fiskardho.

Nisos Ithaca (Ithaki)
Secondo Omero questa fu l’isola natale di Ulisse. Gli archeologi possono pure disquisire se lo sia o meno ma è ancora Omero a fornire una descrizione mira­bile dell’isola:
In Itaca non strade larghe, né prati. È una terra che alleva capre e pure mi è più cara di terra che nutra cavalli …
Omero Odis

L’ isola è formata da due penisole congiunte da un sottile istmo che costituisce la spina dorsale di Kolpos etou (Golfo di Molo). Le montagne dirupate sono brulle e rocciose, ma in qualche vallata si aprono zone verdeggianti alimentate da piccole sorgenti sotterranee.
Come molte altre isole ioniche, Itaca ha una lunga tradizione marittima e molti sono i giovani che si imbarcano su navi mercantili. Molti altri sono emigrati
in Australia o in Sud Africa, anche se buona parte ri­torna e non è raro che un isolano saluti con un G’day sport! all’australiana.
Il porto principale è Porto Vathi, ma l’isola offre di­versi altri approdi e ancoraggi. A Porto Polis, la baia sottostante la città di Stavros, l’insegnante della scuola locale si occupa di un piccolo museo che cu­stodisce manufatti portati alla luce in quello che si suppone fosse il luogo dove sorgeva il palazzo di Ulisse. La sua ubicazione ancora non è certa, tuttavia sono stati ritrovati tripodi e maschere che indicano il culto postumo dell’eroe omerico. Sicuramente il fatto che Itaca si trovi su una delle principali faglie, po­trebbe avallare l’ipotesi che il palazzo sia stato com­pletamente distrutto da un terremoto, o che Ulisse abbia abitato una dimora relativamente modesta.

Nisos Zakinfhos (Isola di Zante)
Zakinthos, questo l’antico nome ora ufficialmente ria­dottato, è l’isola più meridionale dell’Heptaneso (Ki­thera e Andikithera, anche se originariamente appartenevano all’Heptaneso, ora hanno una propria amministrazione). Come una coppa contenente qual­cosa di prezioso, le montagne di Zakinthos racchiu­dono al centro dell’isola una fertile piana che in un punto si congiunge alla spiaggia sabbiosa di Lagana. I veneziani la chiamavano “il fiore del Levante”, e spa­ziando con lo sguardo sulla pianura coltivata a vi­gneti, (in gran parte della varietà nana per l’uva sultanina), fichi, ulivi, aranci e limoni, si capisce il perché.
Dopo le isole aride delle Cicladi, le sue colline verdeggianti cosparse di mucche al pascolo, ricordano l’in­ghilterra. Tuttavia, nonostante il dominio britannico
prima della sua indipendenza, e gli interessi del Regno Unito nel commercio dell’uva sultanina, ben poco rimane a rievocare questo periodo, se non i prati verdi. Zakinthos è infatti un’isola italianizzata. Fino al terremoto del 1953, che distrusse gran parte dell’ar­chitettura veneziana, doveva sembrare un cammeo la­sciato lì da Venezia.

Solo in Italia si poteva vedere questo stile barocco, frutto dell’in­gegno del XVII e XVIII secolo. Nel 1953 avvenne il terremoto finale che ingoiò tutto il passato veneziano lasciando ancora una volta la città distrutta a lottare, piegata su se stessa. Questo è quanto ac­cadde, per così dire; ma è come una bella donna il cui viso è stato deturpato con il vetriolo. Qua e là, un arco, un fregio, i resti diroc­cati di un’arcata, è tutto ciò che rimane della sua celeberrima bel­lezza.
Lawrence Durrell The Greek Islands

Lawrence Durrell critica duramente l’aspetto della città moderna che personalmente non trovo così sgra­devole, probabilmente perché non ho visto l’antica città veneziana.
La città di Zakinthos domina una baia ben protetta uti­lizzata come base navale sin dall’antichità. Chiunque intendesse dirigere a sud, non poteva rinunciare a Za­kinthos per poter controllare lo stretto verso il Golfo di Patrasso e la rotta sud attorno al Peloponneso. Prima Atene, poi Filippo il Macedone e in seguito romani, vandali, normanni, turchi, veneziani, francesi, russi e inglesi la conquistarono. Durante il dominio britan­nico, l’isola era motivo costante di provocazione per i turchi, poiché i greci vi si potevano facilmente rifu­giare trovando protezione sotto la bandiera neutrale ionica, soltanto per poi avventurarsi di nuovo al­l’esterno e combattere i turchi sulla terraferrna. Venticinque miglia a sud di Zakinthos si incontrano le solitarie Isole Strofadi (Nisidhes Strofadhes). Am­ministrate da Zakinthos, sull’isola più grande un tempo vi era un prospero monastero.

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Carena 2008

Nell’agosto 2008, consigliato da un amico che aveva già fatto quest’esperienza, sono andato a Monastir (Tunisia) per fare carena. Naturalmente ho approfittato dell’occasione per trascorrere due settimane navigando, pescando, visitando un pò di questo Paese che tanto si sta occidentalizzando. Ho fatto dogana a Kelibia, porto peschereccio a sud di capo Bon, e poi unica tappa fino a Monastir dove ho trovato un marina molto ben organizzato con un cantiere che nell’arco di 24 ore ha alato, ripulito, pitturato e varato FFone con professionalità, efficienza e con dei costi veramente contenuti.

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Eolie

Le Eolie, che la leggenda vuole create da Eolo, re dei venti, si trovano in provincia di Messina e sono 7 : Lipari, Vulcano, Stromboli, Panarea, Salina, Alicudi e Filicudi. Le isole non erano altro che vulcani sottomarini emersi dalle acque circa 700.000 anni fa in questo ordine: Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina, Lipari, Vulcano e per ultimo Stromboli che ha probabilmente circa 40.000 anni di età.
Le Eolie possiedono una ricca vegetazione ed in particolare sono rigogliose di mirto, felci, ginestre oleandri, così come di piante aromatiche come lentisco, timo e rosmarino e ancora di alberi da frutta come il fico, il mandorlo, il susino, il fico d’India ed il carrubo. Sono famose per la produzione di capperi, esportati in tutto il mondo che costituiscono l’ingrediente base della cucina eoliana che per quanto somigliante nel gusto possa essere, presenta in ciascuna isola o comune caratteristiche proprie. L’altra produzione unica che possono vantare le isole Eolie è quella della vite, rinomata soprattutto per la produzione, della Malvasia, la cui coltivazione è molto sviluppata soprattutto nell’isola di Salina. La fauna è ricca e varia; il mare, con le sfumature e le sue creature è tra i più limpidi ed i più pescosi, un vero e proprio paradiso da scoprire per tutti i subacquei.



Quando sono andato la prima volta con FFone ho avuto due settimane di tempo per visitarle e ho poi capito che è la durata ottimale per visitare tutte le isole senza fretta, godendo dei suggestivi ancoraggi, veleggiando tra di esse, pescando di tanto in tanto sia alla traina che in apnea, arrampicandosi sui vulcani di Vulcano e Stromboli, bevendo malvasia e bagnandosi nelle acque pulite. Certo, in agosto il flusso turistico si incrementa e anche le barche aumentano di numero, ma, se il tempo è stabile e si rinuncia ad attraccare ai pontili, si trovano sempre delle bellissime baie dove ancorare. 7 isole, ognuna diversa dall’altra e tutte bellissime da visitare. Ci vado spesso, tra luglio e settembre mi capita di tornarci diverse volte, e ogni volta è come se fosse la prima!

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